Lazzaro Spallanzani e Acitrezza

Il seguente testo testimonia la meraviglia e la curiosità di Spallanzani nell'osservare le Isole Ciclopi ed in particolare i basalti colonnari. Non lascia alcuna testimonianza geologica approfondita, poiché fa riferimento agli studi già svolti dal catanese Recupero e dal lionese Dolomieu.
Prima di lasciare "il borgo di Trezza", così da lui definito, Spallanzani compie gli esperimenti sul riscaldamento dei basalti e la conseguente vetrificazione.
Viene, all'inizio, descritto pure il paesaggio nei pressi di Acitrezza, dominato dalla lava e poverissimo di acqua, data la lunga mancanza di pioggie.

Testo tratto dal libro "Viaggio al Monte Etna" a cura di Nunzio Famoso - ed. c.u.e.c.m.


5 settembre 1778

[Dormito che ebbi a S. Niccolò dell'Arena la notte precedente il giorno cinque settembre, ne partii prima del sorger dell'alba, avviandomi agli Scogli de' Ciclopi, celebri per le lave basaltiformi onde sono costrutti. In questo avanzo di viaggio camminai sempre sopra le lave, su le quali fabbricati sono più villaggi che traversai;...].

[Se il monte Etna in ogni tempo è poverissimo di fontane, allora lo era anche di più, trascorsi essendo ben nove mesi da che caduta non era una stilla di pioggia dal cielo. L'acqua piovana che quegli abitatori raccolgono nelle cisterne essendo già finita, stretti erano di andarne in accatto presso alle falde del monte dove ancor rimaneva qualche rarissima fonte...]

[Due ore dopo il mezzodì pervenni agli Scogli de' Ciclopi. Isole anche si appellano, perchè dattorno circondati dal mare, quantunque niente più rimoti di un tiro di pietra dal lido, su cui giace il Borgo di Trezza. Esser può che una volta facessero un tutto solo con le falde dell'Etna, e che da' colpi di mare ne sieno stati staccati: senza però essere impossibile che per eruttazioni parziali sboccati sieno dall'onde marine. Con barchetta mi feci ad esaminarli, su le prime girandoli attorno, e considerandon attentamente la configurazione, poi salendovi sopra, per osservarne le parti. Salta subito agli occhi che alcuni di cotesti scogli non d'altro constano esteriormente che di colonne prismatiche, cadenti a piombo su l'acqua della lunghezza dove d'un piede, dove di due e talvolta di più. Ma è certo però che tale altro dei medesimi scogli non mostra la più picciola apparenza prismatica, e che è interrotto soltanto da irregolarissime crepature, per cui ne risultano pezzi atresì irregolari, siccome nelle vulgari lave osserviamo.

Gli Scogli de' Ciclopi presentano un altro fatto, che non ha sfuggito gli occhi perspicaci del commendatore Dolomieu: ciò sono molte e diverse zeoliti bellissime che incontransi su la loro superficie, ed anche di mezzo alla loro sostanza, ove sieno piccioli vani e cavernette: e per buone ragioni egli avvisa che queste nobili pietruzze dopo il raffreddamento delle lave abbiano avuta l'origine dall'acque feltrate attraverso di esse, e che tenevano in dissoluzione le molecole idonee al producimento delle zeoliti. Inutile opera sarebbe ch'io qui impiegassi la penna nel descriverle, dopo che lo ha fatto sì bene il lionese Natualista. Quindi dirò soltanto ciò che mi è avvenuto di osservare in esse, soggettandole alla fornace.

Qualora dunque alcuni pezzetti di lave staccate da questi scogli, alle quali sono aderenti le zeoliti, si lasciano per qualche tempo a questo fuoco, e dopo il raffreddamento si osservano, tali ne sono i risultati. Le zeoliti, senza che la lava matrice abbia sofferto una piena fusione, si veggono vetrificate, e corsa taluna su la superficie della lava, formando una sfoglia di vetro; ma le più si ritondano in globetti che, pel lucido lattato che hanno, somigliano a perle. Sotto la lente però manifestano molti peli, nati probabilmente dal subito trasporto delle lave dalla fornace all'aria fredda.

Questo vetro è semitrasparente e duro. Rompendo i pezzi di lava esposti al fuoco, ed esaminandone le rotture, non si trova seguìta che una semivetrificazione nelle zeoliti che vi son dentro. Qualcuna di coteste lave zeolitiche è di sostanza omogenea, ma tale altra comprende piccoli sorli. Il coltello calamitato tragge la polvere loro; ed è osservabile la polarità che ha taluna, mentre accostata per un verso all'ago magnetico, lo tira a se, e per l'altro verso il respinge.]

©Grasso Giovanni e Antonio Guarnera 2000-2002

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