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La presa di Algeri e il Camellaccio

LA PRESA DI ALGERI

Nei primi anni del 1800 era rappresentata a Trezza, per la festa di S. Giovanni, la presa d'Algeri, da parte di Carlo V, del 1541. La flotta cristiana veniva rappresentata da paranzelle e feluche che stavano nel mare di Acitrezza, mentre a difendere la costa vi erano il bastioncello, detto dei Faraglioni, il bastione grande, detto della Trizza, e il palazzo del principe di Reggio, che era bastionato nella parte verso il mare. Nel bastione grande venivano posti i prigionieri che venivano liberati e consegnati ai conquistatori. Era un grande spettacolo, al quale dava maggior folklore la costruzione nella spiaggia di piccoli fortilizzi, fatti di legno e canne e dotati di cannoni. La rappresentazione guerresca non è però sopravvissuta ai nostri giorni, anche perché oggi mancherebbero elementi simbolo come il Palazzo del Principe e il bastione grande, che sono andati perduti stante la costruzione di nuove abitazioni.

 

Particolare dal quadro di Jacob Philip Hackert - 1793

Raffigura i due bastioni che entravano in scena durante la rappresentazione della presa di Algeri

 

IL CAMELLACCIO

Era tradizione fino al 1870 che per il giorno della  decollazione di S. Giovanni Battista il 29 agosto girasse per Trezza, la sera   un “Camellaccio”. Questo era fatto con un telaio quadrilatero di sbarre di legno ricoperto da canne sulle quali si mettevano delle stuoie dal colore dei peli del cammello, nella parte posteriore veniva posta una coda, un‘asta di circa tre metri fungeva da collo, anch’essa ricoperta, poi all’estremità veniva posta una testa di cavallo, che si andava a prendere tra le carogne, che venivano gettate nei torrenti. Dentro il “Camellaccio” vi era mastro Salvatore Gilletti, che lo manovrava a suo piacimento facendo allungare o abbassare il collo dell’animale artificiale. Il “Camellaccio era, anche, dotato di bombette artificiali e girando le vie del paese, nel fare la questua, le faceva esplodere per lo più dal sedere. Per quel giorno godeva di vera impunità e chi non gli dava niente subiva l’ira, sollazzante, del finto animale. Tuttavia anche questa vecchissima tradizione che tanto faceva divertire i trezzoti è andata persa e quasi nessuno la ricorda più.

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