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La leggenda di Aci e Galatea

Appena i primi raggi di sole toccarono le magiche acque, dell'arcipelago lacheo, da queste balzarono fuori le dolci ninfe dalla pelle color latte. Gioiose e festanti si diressero sulla spiaggia.
L'incantevole luogo le accolse con la sua natura ridente. Le graziose ninfe, si misero a giocare sulla riva inseguendosi con allegre grida di richiamo, ma i dolci suoni non poterono che destare l'attenzione del ciclope Polifemo abitante quei luoghi. D'un tratto apparve dalla collina il gigantesco figlio di Poseidone. L'occhio solo che gli spiccava sul volto, in mezzo alla fronte, suscitò un terribile spavento nelle ninfe, ma il ciclope sparì all'improvviso così come era apparso. Polifemo, signore del luogo e ministro di Efesto, il dio del fuoco, lavorava con gli altri ciclopi nella sua fucina, all'interno dell'Etna, dove venivano fabbricati i fulmini per Zeus e si creavano opere mirabili come l'armatura di Achille.Di tanto in tanto nei giorni seguenti Polifemo fece nuovamente le sue brevi apparizioni alle ninfe così che queste vi si erano ormai abituate. Il ciclope aveva messo il suo occhio su Galatea e chi non lo avrebbe fatto: era bella e dolce come nessun'altra creatura, quando si muoveva sembrava danzasse con lei tutta la natura, padrona di quei luoghi.

La ninfa ogni giorno, quando il disco solare cominciava a scendere verso occidente, lasciava la spiaggia dove erano le proprie sorelle e si dirigeva verso la scogliera. Li stava ad attenderla Aci, un pastorello del luogo di cui la ninfa era innamorata. Il giovane pastore era figlio del dio Pan, protettore dei monti e dei boschi .

Aci amava Galatea tanto quanto lei e appena la ninfa spuntava gli occhi gli si riempivano di gioia e il cuore gli batteva, cosi forte che i battiti si mescolavano a i suoni della natura.

"dolce amore sono qui, come potrei vivere senza di te", diceva Galatea appena giunta.

E Aci ogni qualvolta, ella arrivava, gli ripeteva:"Rimani sempre con me, la mia capanna immersa nel bosco, al di là della collina, sarà la nostra dimora d'amore".
Galatea sapeva che non gli era concesso allontanarsi per sempre dalla regia di Poseidone, dio di tutti i mari, ma ugualmente rincuorava il suo amato: "Ogni giorno che il mare carezzerà questa incantevole spiaggia io sarò con te".

I due amanti stretti nel loro amore attendevano le prime ombre della sera, che pian piano scendevano dalle colline fino al mare e,che segnavano il loro quotidiano distacco.

"Amore a domani", così dicendo Galatea tornava ad immergersi nelle spumeggianti acque dell'arcipelago lacheo.

Una mattina i gioiosi giochi delle ninfe furono interrotti da un satiro messaggero di Polifemo.
"oh ninfa galatea il grande Polifemo desidera che tu venga con me", esclamò subito. La dolce galatea, sorpresa, non ebbe il tempo di aprir bocca che il satiro: "Io ti condurrò nella sua dimora affinché tu diventi la sua sposa".
Galatea irruppe in pianto. Le ninfe allora le si avvicinarono e la consolarono. Poi la dolce ninfa ancora con le lacrime agli occhi disse rivolta al satiro: "Va da Polifemo e digli che sono lusingata della sua proposta, ma io non posso amarlo perchè il mio cuore è già di Aci".

Detto questo la ninfa si lasciò nuovamente andare allo sconforto: "perché, perché proprio io, dolce amore che stai nei boschi ancora all'oscuro dei tormenti che ci attendono".
Intanto il satiro con la cattiva notizia era giunto davanti all'ingresso della grotta di Polifemo.
Il Ciclope sentitolo arrivare gli si fece incontro.
"Dimmi satiro dov'è Galatea?"
Il satiro timoroso tentennava ma poi non poté fare a meno di raccontargli tutto.
Un urlo bestiale uscì dalla gola del terribile Ciclope.
Sradicati decine di alberi con le sue possenti mani, prese il satiro e lo lancio contro una roccia. Colmo di rabbia cominciò a battere con i pugni sulle pareti della grotta, e lo sconquasso fece tremare tutta la montagna.

"Maledetto Aci, tu piccolo insignificante pastorello rubi a me signore di questi luoghi, figlio di Poseidone, l'amore di Galatea". Il Ciclope ancora pieno d'ira si incammino verso la spiaggia con nefaste intenzioni.
Intanto Aci e Galatea si erano incontrati come al solito e la ninfa, ancora con gli occhi arrossati aveva raccontato tutto al suo pastorello.
"Amor mio asciugati le lacrime, basta esser tristi, ti giuro che mai, ne Polifemo, ne altri mostri potranno dividerci". Aci, dette queste parole, strinse la ninfa in un tenero abbraccio, poi Galatea come al solito si immerse nell'acqua per andare via.

Mentre Aci si stava incamminando per il bosco, pensando ancora al suo amore, gli apparse il terribile Polifemo.
Il Ciclope accecato dalla gelosia sradicò dal suolo una enorme roccia e la lanciò addosso ad Aci, schiacciandolo. -
Il corpo del povero pastorello era, lì, sotto la roccia senza più vita.
Appena la notizia giunse a Galatea questa accorse dove era il corpo di Aci. Alla vista del suo amore gli si gettò addosso piangendo tutte le lacrime che aveva in corpo. Il pianto senza fine di Galatea destò la compassione degli Dei che vollero attenuare il suo tormento trasformando Aci in un bellissimo fiume che scende dall'Etna e sfocia nel tratto di spiaggia dove solevano incontrarsi i due amanti.

Ass. Cult. Centro Studi Acitrezza. Real.informatica:Grasso; testi:Guarnera; foto: Greco. Tutti i diritti sono riservati ai rispettivi autori.
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